domenica 28 febbraio 2010

Galette Bretonne









Un po' di grano saraceno, un po' di acqua, un pizzico di sale, un uovo.
Le crepes salate della Bretagna.
Il cielo basso dei pomeriggi bretoni, un po' di pioggia fine nelle strade spazzate dal vento del nord.
Il profumo dell'oceano che si insinua nei vicoli del borgo, il mare è proprio vicino.
Sono gli ingrediente necessari.
Un impasto lento lasciato a riposare al caldo, per poi versarne un po' sulla piastra di ghisa.



Si possono servire farcite con formaggio e prosciutto, ma anche con un uovo all'occhio di bue, con salmone oppure con funghi.
Innaffiate con puro sidro bretone per ricreare la corretta atmosfera delle serate sul Finisterre.

giovedì 25 febbraio 2010

London Blue



I fantasmi sul Millennium Bridge.
Ma tutto questo blu da dove arriva.
Il blu forse nemmeno esiste. Più che un colore una illusione.
Il blu è il colore del cielo e del mare. In realtà il cielo non è blu.
E' solo un illusione o forse una convenzione.
Il mare nemmeno, è il riflesso del cielo.


Il blu è il colore della Madonna.
Il blu è il colore della malinconia.
Il colore dei nontiscordar di me, che davvero son poca cosa e poco fanno per farsi ricordare.
Un illusione insomma, più che un colore.


Ma a Londra dona il blu, come un vestito sobrio ma elegante.

giovedì 18 febbraio 2010

Marché aux Fleurs



Il Mercato dei Fiori di Nizza, in una bella piazza lungo Corso Saleya, subito alle spalle della Promenade des Anglais, vera anticamera della città vecchia.
Un trionfo di colori, una vertigine di profumi.
L'odore pungente delle spezie si mescola con le tipiche essenze provenzali, il colore dei fiori si confonde con quello dei tessuti, il profumo dei saponi e quello del cibo, frutta e verdura.
In realtà in questo mercato si trova un po' di tutto, compresi alcuni souvenir, sacchetti profumati e persino un banchetto che vende capelli di paglia variamente decorati.


I toni e il profumo della lavanda sono predominanti ma in realtà tutto ciò che è provenzale trova diritto di cittadinanza in questo mercato.
Nonostante la disposizione delle merci, fin troppo ordinata lasci intuire una finalizzazione prettamente  turistica, aggirandomi per i banchi ho sempre notato una prevalenza locale, signore nizzarde di mezz'età che scelgono le verdure per il pranzo, la frutta.


Solo la mattina questo mercato, scegliendo possibilmente una mattina assolata perché i contrasti siano ancora più forti.
Le bancarelle più belle sono quelle più povere, quelle delle contadine che vengono ogni mattina dai loro paesini a vendere i prodotti dei campi. Sono anziani, il volto segnato dalle rughe e dal sole, ma sono volti bellissimi ed espressivi di gente che ha vissuto la vita nei campi.

martedì 16 febbraio 2010

Un filo d'acqua al Freyung

Mi infilai nel Freyung e osservando attentamente la fontana mi resi conto della straordinaria carica erotica che regalava quel sottile filo d'acqua, un filo d'acqua che cade dall'alto sul seno della figura femminile, la Sirena del Danubio, quello sguardo un po' languido e un po' enigmatico inciso sul volto della statua che fatica a celare i brividi di quel piacere sottile che le percorre la schiena.
Immobile nel tempo a godersi un piacere prolungato all'infinito.


Tante volte avevo attraversato il Freyung, ma solo quella volta mi
avvidi della fontana, della Sirena del Danubio, di quel tenue filo d'acqua perché in fondo ci sono molti modi di guardare le cose, a volte ci si sofferma solo un attimo, altre si lavora di fantasia e se ne rimane colpiti nel tempo.
Un semplice filo d'acqua.

Estate

Mi stupisco sempre della sovrabbondanza dell'estate.
Quella sera, con il mento appoggiato sulla mano stretta a pugno, vidi gli ultimi gerani, con il loro profumo agrodolce e il basilico.
L'aria brulicava di moscerini e di sudore, ad occidente un sole grasso stava accovacciato in un cielo un po' rosa pallido, un po' blu madonna.
Sono questi i giorni canicolari in cui Sirio sorge e tramonta insieme al sole.

Da ragazzino conoscevo le stelle e mi piaceva molto ripeterne mentalmente i nomi, in una specie di celeste litania, Venere, Betelgeuse, Alpha Centauri, Aldebaran...
Mi piaceva la freddezza di quelle luci, la loro purezza, il solo pensare all'enorme distanza da noi, da tutto ciò che facciamo.



I gabbiani fanno un gran putiferio, ma c'é rumore e trambusto anche in casa, suoni che sembrano gemiti.
E' un pianto che riconosco malvolentieri, viene verso di me da un tempo lunghissimo, attraverso uno spazio immenso, come la luce di una stella remota, di un sole ormai morente.
Un pianto d'estate.

domenica 14 febbraio 2010

Monumento all'Olocausto





A pochi passi dalla Potsdamer, lungo il percorso che porta verso il Reichstag e verso Brandeburgo.
Apparentemente semplice, scarno e molto simile al Giardino dell'Oblio  all'interno del Museo Ebraico di Libeskind, in realtà nasconde una natura più complessa, agevolata dal terreno irregolare, dai continui saliscendi, gli anonimi parallelepipedi grigi ricreano alla perfezione il senso di smarrimento e lo sconcerto di fronte all'Olocausto.




domenica 7 febbraio 2010

Notte a Ponte Carlo



La notte a Ponte Carlo.
Il ponte, come tutta la città, è popolato di fantasmi e acquista uno strano fascino sinistro.
Facendo attenzione si può percepire nel silenzio della notte il lento incedere della Moldava, lo sferragliare delle catene, la lieve processione degli spettri, famosi e non, che lo percorrono in lungo e in largo.


Con un po' di fortuna si può incontrare il nervoso fantasma di Mozart, o quello pensieroso e meditabondo di Smetana, l'angelo metafisico di Kafka, quello di Cola di Rienzo imprigionato nelle segrete.
Non si devono cercare, saranno i fantasmi a cercare noi, basta aver voglia di vedere ciò che di solito non si vede,





Secondo i più informati è colpa dello stato fluido del ponte, che è cerniera tra le due parti delle città, ma anche galleria d'arte, sistema strategico, archivio di leggende e paradiso dei flaneur che amano bighellonare e trascorrere le giornate sul ponte, vero punto di incontro dei praghesi.










La notte tende a sfumare le geometrie e le architetture,   rende evanescenti i contorni del ponte e delle sue statue, devia, ingarbuglia e buggera il visitatore, dove il tempo non è regolato ma regola le esistenze.
Un hacker dello spirito.

sabato 6 febbraio 2010

Trafalgar Square




Secondo alcuni è solo una grande insignificante piazza attorniata da edifici vittoriani di modesto pregio ma assai pretenziosi ed inutilmente roboanti. Può anche essere, non voglio entrare nel merito, ho visto piazze sicuramente più belle di Trafalgar, più intime e raccolte, con una gestione degli spazi più geometrica, razionale ed in buona sostanza più armoniche. 



Non gli si può tuttavia negare una notevole importanza storica, ma quel che più rileva sono alcuni piccoli dettagli che Trafalgar regala, talvolta così minuti ed apparentemente insignificanti da passare inosservati.
Non sempre facili da cogliere, i dettagli si disperdono nell'insieme della piazza, celati dalla folla e dalle classiche inquadrature ricordo dei turisti.




Le fontane, se isolate dalla pazza folla che quasi sempre le assedia, riescono a regalare immagini inconsuete, sguardi inusuali.




Ma non solo, Trafalgar dona anche scorci curiosi, strane quinte, piccoli particolari che spesso sfuggono soffocati dalla grandezza dell'insieme.  





E nelle notti di primavera, con quello strano profumo che pervade l'aria londinese, anche la magniloquente Trafalgar, che sembra progettata apposta per cerimonie e parate, può risultare affascinante nei suoi giochi di luce ed ombre, come se le luci artificiali disegnassero meglio quei vuoti e quei pieni che sembrano il suo principale difetto nella luce del giorno. 



venerdì 5 febbraio 2010

Rotterdam


Da ragazzino mi affascinava la squadra di calcio, il Feyenord, con quella strana maglia a righe larghe bianche e rosse.
Da adulto non ho potuto non innamorarmi dell'Erasmusbrugge, un ponte immenso a forma di cigno che di notte brilla di luce propria, snello, leggero ed elegante.
Una architettura singolare come spesso lo sono quelle di Rotterdam che non può definirsi una città d'arte ma che nei suoi spazi e nei suoi edifici moderni lascia intravedere un significato più pieno ed attuale di città artistica.

Un tramonto sul ponte con il sole rosso che si rifrange sulle facciate dei grattacieli e si perde sulle onde della Mosa è una immagine che rimane nella memoria più di mille monumenti rinascimentali.




E il cielo in perenne movimento e la pioggia, il vento che spazza l'aria e le strade. Nuvole su nuvole, acqua su acqua, il fascino di Rotterdam.

Berlino


Ho ritrovato il vento gelido a Berlino, cumuli di neve ai bordi delle strade, un'inerme stufa a carbone risibile reperto di oltrecortina contro il generale Inverno.
Adesso il clima è meno inospitale ma la lama del vento ha sempre il suo filo sulla mia guancia ed è subentrato l'attacco incessante della pioggia, artiglieria leggera che tuttavia non dava tregua.
Non mi impediva avanzate turistiche ma le rendeva disagevoli, l'ombrello un impiccio non solo per le mani ma anche per la mente.
Per terra lo strato di foglie morte ha iniziato ad impregnarsi di acqua e ad amalgamarsi in un tritume bruno dorato, era come camminare su un fondale di Klimt, scabro e prezioso, o su un tappeto che rischiava sempre di essere sottratto da sotto i piedi per farmi ruzzolare lungo i larghi marciapiedi di Unter den Linden, sul limite del Mendelssohn-Bartholdy Park o di farmi finire nella Sprea.



L'attività blanda e capricciosa, indefinita come questo soggiorno, il gusto di una colazione abbondante, il piacere di osservare la gente in metropolitana o per strada, e di chiedermi che vite berlinesi ci fossero dietro quei volti.


In quei giorni avevo sempre in mente un concerto di Mozart, un concerto per pianoforte ed orchestra che avevo ascoltato solo poche volte prima di partire e poi non più.
Ma ancora, dopo giorni e giorni, il pianoforte del secondo movimento continuava a battere i suoi rintocchi nella mia testa come il ticchettio di un orologio biologico e psicologico, il passo di marcia verso una meta misteriosa, una forma di umore o di destino.
Non sapevo risolvere l’enigma, ma potevo apprezzarne gli effetti, Mozart ha sempre un buon influsso sulla mente.
La solitudine eccita la mente, e contro la febbre del pensiero Mozart è un ottimo antipiretico di marca kantiana Ma opponendosi alla forza centrifuga innescata dalla solitudine, Mozart riporta a un centro composto, esatto. Ricompone i pensieri, ricompone una solida geometria mentale. Mozart, Kant, Canova: i grandi settecenteschi sono centripeti, il mondo a misura di una regolarità umana docile al pensiero, addomesticata, dove tutto è riportato a un ordine: rassicurante tepore domestico prima dei fuochi romantici. 
Nella memoria c’era poi il valore aggiunto di una esecuzione che stilla un Mozart più liquido e ineffabile. La solitudine e i desideri non possono turbare più di tanto, le loro lame aguzze vengono smussate da questo candore non privo di sublime, è vero, ma un sublime dove la sottile malinconia brucia senza scottare, e la bilancia del desiderio pesa più sul piatto dell’attesa che su quello della conquista: esercizio, non possesso. 

Attori


Ah, la scena!
Noi figli della notte facciamo fronte comune contro il buio avviluppante, giocando a fare gli adulti.
A noi attori piace lamentarsi dei tempi magri, delle tournée in provincia, degli scenari mobili che cadono a pezzi, delle rappresentazioni nei luoghi di mare inondati di pioggia, ma quel che segretamente ci piace tanto sono proprio i disagi di quel mondo fasullo.
Quel che ricordo con maggior rimpianto è la ristretta intimità di qualche squallido teatro nel mezzo del nulla, richiuso in gran fretta per escludere l'argillosa oscurità di una notte autunnale e impregnato dell'odore di fumo e di cappotti bagnati.

mercoledì 3 febbraio 2010

I miei spazi sono fragili


"I mie spazi sono fragili: il tempo li consumerà, li distruggerà; niente somiglierà più a quel che era, i miei ricordi mi tradiranno, l'oblio si infiltrerà nella memoria. Scrivere: cercare meticolosamente di trattenere qualcosa, di far sopravvivere qualcosa; strappare qualche briciola precisa al vuoto che si scava, lasciare da qualche parte un solco, una traccia, un marchio, o qualche segno."