venerdì 5 febbraio 2010

Berlino


Ho ritrovato il vento gelido a Berlino, cumuli di neve ai bordi delle strade, un'inerme stufa a carbone risibile reperto di oltrecortina contro il generale Inverno.
Adesso il clima è meno inospitale ma la lama del vento ha sempre il suo filo sulla mia guancia ed è subentrato l'attacco incessante della pioggia, artiglieria leggera che tuttavia non dava tregua.
Non mi impediva avanzate turistiche ma le rendeva disagevoli, l'ombrello un impiccio non solo per le mani ma anche per la mente.
Per terra lo strato di foglie morte ha iniziato ad impregnarsi di acqua e ad amalgamarsi in un tritume bruno dorato, era come camminare su un fondale di Klimt, scabro e prezioso, o su un tappeto che rischiava sempre di essere sottratto da sotto i piedi per farmi ruzzolare lungo i larghi marciapiedi di Unter den Linden, sul limite del Mendelssohn-Bartholdy Park o di farmi finire nella Sprea.



L'attività blanda e capricciosa, indefinita come questo soggiorno, il gusto di una colazione abbondante, il piacere di osservare la gente in metropolitana o per strada, e di chiedermi che vite berlinesi ci fossero dietro quei volti.


In quei giorni avevo sempre in mente un concerto di Mozart, un concerto per pianoforte ed orchestra che avevo ascoltato solo poche volte prima di partire e poi non più.
Ma ancora, dopo giorni e giorni, il pianoforte del secondo movimento continuava a battere i suoi rintocchi nella mia testa come il ticchettio di un orologio biologico e psicologico, il passo di marcia verso una meta misteriosa, una forma di umore o di destino.
Non sapevo risolvere l’enigma, ma potevo apprezzarne gli effetti, Mozart ha sempre un buon influsso sulla mente.
La solitudine eccita la mente, e contro la febbre del pensiero Mozart è un ottimo antipiretico di marca kantiana Ma opponendosi alla forza centrifuga innescata dalla solitudine, Mozart riporta a un centro composto, esatto. Ricompone i pensieri, ricompone una solida geometria mentale. Mozart, Kant, Canova: i grandi settecenteschi sono centripeti, il mondo a misura di una regolarità umana docile al pensiero, addomesticata, dove tutto è riportato a un ordine: rassicurante tepore domestico prima dei fuochi romantici. 
Nella memoria c’era poi il valore aggiunto di una esecuzione che stilla un Mozart più liquido e ineffabile. La solitudine e i desideri non possono turbare più di tanto, le loro lame aguzze vengono smussate da questo candore non privo di sublime, è vero, ma un sublime dove la sottile malinconia brucia senza scottare, e la bilancia del desiderio pesa più sul piatto dell’attesa che su quello della conquista: esercizio, non possesso.